Da sempre l’uomo rivolge a se stesso domande fatali: Chi sono? Da dove vengo? Dove vado? Qual è il senso della mia esistenza? Nel tempo le tecniche di indagine sono diventate sempre più raffinate e bisognose di una spiegazione razionale.

Dall’achilleomanzia cinese – pratica così chiamata perché basata sulla manipolazione degli steli di achillea, da cui derivano I Ching – alla consultazione dell’oracolo, proprio del mondo greco, ogni cultura ha creato il proprio sistema di analisi, un tempo appannaggio esclusivo di sacerdoti, religiosi nel senso proprio del termine perché in grado di collegare – rilegare – l’uomo e la sua vita personale alla Vita dell’Universo. Da questa prospettiva non ha senso domandare cosa accadrà in futuro, dubbio abusato soprattutto nel mondo occidentale. La divinazione, che millenni or sono rappresentava un’arte creativa, oggi è ridotta a scopi contingenti spesso effimeri. Anzi, peggio, viene adoperata proprio con la vana speranza di debellare il “caso”.

Solo una mentalità aperta e curiosa può accettare che anche ciò che non si può vedere o che non è immediatamente spiegabile in termini razionali esiste e funziona, talvolta anche a dispetto delle prove scientifiche. Un po’ come un approccio al cibo basato sull’equilibrio: è sempre esistito, è sempre stata applicato in maniera naturale da tante culture diverse in ogni parte del mondo.

Ma perché i sistemi “divinatori” funzionano? Francamente, non si sa. Una teoria che viene utilizzata per giustificare il meccanismo su cui si fondano queste arti creative è quella della sincronicità che, come sottolinea Jung, significa percepire che due eventi sono connessi da un senso comune, senza che essi siano legati da nessi causali o siano dovuti al caso.

In effetti, nella divinazione, la domanda non dovrebbe essere mai “Come mai è accaduta questa data cosa? O cosa accadrà in futuro?” ma, come afferma Marie-Louise Von Franz descrivendo le inclinazioni della cultura cinese in merito, “Quali cose amano accadere insieme, prodursi simultaneamente in maniera significativa?”.

Questa prospettiva definisce uno schema concettuale che ha come perno l’istante temporale presente intorno al quale si addensano innumerevoli gli eventi. In quell’istante temporale si materializza il qui ed ora, e nasce la possibilità di essere consapevoli di se stessi e del proprio cammino di vita. In questo modo la divinazione non è rivelazione ma esplorazione.

Attraverso la divinazione si cerca di ricollegare il consultante alla propria verità che per qualche motivo ha dimenticato, o non è più in grado di ascoltare con semplicità ed immediatezza, perché tanto fastidioso può essere il rumore di sottofondo che lo distrae dal proprio percorso. Concentrarsi sul qui e ora, anche solo per una scelta contingente, che può apparire di poco conto, ci spinge a entrare in connessione con la nostra autentica realtà.

La divinazione avrebbe, dunque, un unico scopo: avvicinare il consultante alla propria unicità a partire dalla quale è probabile che esista un futuro già scritto a grandi linee e un passato coerente che lo ha preparato. Tutto ciò che è possibile pre-vedere è già presente qui e ora in termini qualitativi, sebbene sia possibile che non abbia ancora trovato una manifestazione adeguata.


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