Il diabete e la sindrome metabolica sono i principali fattori che predispongono all’insufficienza renale: chi ha la sindrome metabolica (tre o più dei seguenti fattori: obesità addominale, ipertensione, glicemia e trigliceridemia elevate, colesterolo HDL basso) ha un rischio di 3-5 volte superiore di avere una insufficienza renale cronica, con filtrato glomerulare inferiore a 60.
Fra i fattori alimentari responsabili della sindrome metabolica, quelli più associati all’insufficienza renale sono il consumo elevato di grassi saturi, di proteine animali, di sale, di zucchero e di bevande zuccherate.
Franco Berrino
Nelle tradizioni orientali, in particolare nella medicina tradizionale cinese, i reni sono la sede della forza vitale, il Jing, che riceviamo alla nascita e che manteniamo con un’alimentazione equilibrata.
La scienza occidentale ha riconosciuto il ruolo fondamentale dei reni per mantenere l’omeostasi, regolando la concentrazione dei sali nel sangue, l’equilibrio acido-base, la pressione arteriosa, l’eliminazione di sostanze tossiche, il metabolismo di ormoni, grassi e zuccheri. Sono organi molto vascolarizzati dove il sangue entra in miriadi di organelli costituiti da un mazzetto di anse capillari, i glomeruli, che rilasciano un filtrato nei tubuli renali, i quali ancora attivamente selezionano ciò che è da riassorbire e ciò che è da eliminare con l’urina.
L’insufficienza renale è caratterizzata dalla riduzione della velocità del filtrato glomerulare, normalmente superiore a 90 ml/min, e dal cattivo funzionamento dei glomeruli, che lasciano passare nell’urina anche le proteine, normalmente trattenute dai capillari, con conseguente proteinuria.
Grassi saturi
Un grande studio su 19000 persone di oltre 45 anni ha riscontrato un’associazione del consumo di grassi saturi con la presenza di albumina nell’urina, mentre i grassi vegetali non erano associati. Un altro studio su 2500 persone di oltre 50 anni ha riscontrato una minore prevalenza di insufficienza renale in chi consumava regolarmente pesce, indipendentemente dal consumo di acidi grassi omega-3 o omega-6.
Più esperimenti su topi e ratti (normali, diabetici, obesi) nutriti con lardo ricco di grassi saturi hanno mostrato un danno ai glomeruli renali con albuminuria e un’elevata concentrazione di radicali liberi e di molecole dell’infiammazione nella corticale renale, mentre il consumo elevato di poli-insaturi non aveva effetto o era protettivo.
Più studi su vari animali (cani, ratti, conigli) hanno mostrato un aumento della pressione arteriosa associato al consumo di grassi saturi, effetto mediato dalla produzione renale di angiotensina e dall’aumento della leptina, che attiverebbe la stimolazione renale da parte del sistema nervoso simpatico.
Proteine
Un eccesso di proteine nella dieta può causare danni renali. Nelle persone con normale funzione renale induce iperfiltrazione (aumento del tasso di filtrazione glomerulare), con aumento del volume dei reni e dei glomeruli renali e aumentata escrezione di sali minerali (calcio, sodio, potassio), con possibile albuminuria e aumento dell’urea e dell’acido urico nel plasma . L’aumentata escrezione di calcio (dovuta all’effetto acidificante delle proteine) causa da un lato osteoporosi e dall’altro calcoli renali .
In presenza di moderata insufficienza renale (circa un quarto della popolazione adulta ha GFR < 80ml/min/1.73 m2) l’eccesso di proteine nella dieta, soprattutto la carne, aggrava l’insufficienza (diminuisce la filtrazione glomerulare). Lo si è visto nel grande studio dell’università di Harvard sulle infermiere americane. È interessante che in questo studio le proteine vegetali non avevano effetti dannosi. Quello che aumentava il rischio di insufficienza renale era lo stile alimentare occidentale, caratterizzato da carni lavorate, carni rosse, grassi saturi e dolciumi.
Dieci sperimentazioni cliniche hanno mostrato che, nei pazienti adulti con patologie renali croniche, ridurre le proteine nella dieta riduce di un terzo, in media, la mortalità per cause renali. Due sperimentazioni nei bambini, invece, non hanno evidenziato alcun vantaggio. Nei bambini con sindrome nefrosica, tuttavia, togliere il latte e il glutine riduce l’albuminuria.
Zucchero
Il consumo esagerato di zucchero (saccarosio, costituito da glucosio e fruttosio) e di bevande dolcificate con sciroppo di glucosio e fruttosio, è associato allo sviluppo di ipertensione e di iperuricemia, effetti già evidenti negli adolescenti. L’effetto è dovuto in particolare al fruttosio. Se i pazienti con insufficienza renale tolgono il fruttosio dalla dieta migliora la pressione, la sensibilità insulinica e lo stato infiammatorio. Chi consuma 2 lattine di bevande zuccherate al giorno o più ha un rischio significativamente aumentato di danno renale con proteinuria. Il fruttosio inoltre favorisce la formazione di calcoli renali.
Ratti nutriti con fruttosio (ma non con glucosio o amido) sviluppano danni renali, con ipertrofia renale, proteinuria, glomerulosclerosi, infiammazione, fibrosi. È probabile che il fruttosio contribuisca all’insufficienza renale anche in quanto favorisce il riassorbimento renale del sodio. La dieta povera di sodio, infatti, previene l’ipertensione causata da eccesso di fruttosio.
Sale
Sperimentazioni cliniche sulla riduzione del consumo di sale (non più di 5-6 g/giorno) in pazienti ipertesi ha mostrato una significativa riduzione della proteinuria.
L’eccesso di sodio, inoltre, favorisce l’escrezione di calcio con formazione di calcoli renali.
Raccomandazioni alimentari preventive
Rispetto al consumo abituale di proteine (15-16% delle calorie totali), che è circa il doppio del fabbisogno, nei pazienti con insufficienza renale è sensato ridurne il consumo a non più del 6% delle calorie totali, privilegiando le proteine vegetali e il pesce. Togliere in particolare le carni rosse e altre fonti di grassi saturi (latte, burro, formaggi, particolarmente formaggi salati).
Ridurre il sale. Condire con piccole dosi di gomasio e con erbe aromatiche.
Evitare zucchero e bevande zuccherate. Vanno bene torte e biscotti prodotti con olio EVO o oli di semi spremuti a freddo, senza burro né olio di cocco né olio di palma, dolcificati con malto.
Interessanti le varietà di wagashi, come i manju, che possono essere preparati introducendo una purea di azuki dolce (con malto, non zucchero!) in una pallina di polenta di grano saraceno.
Alcune raccomandazioni classiche della tradizione macrobiotica, infatti, hanno recentemente trovato conferma della utilità di azuki e saraceno per proteggere il rene in sperimentazioni animali e in sperimentazioni cliniche sull’uomo. Una sperimentazione clinica in diabetici ha mostrato che il consumo di grano saraceno riduce il rapporto albumina/creatinina nelle urine, riduce l’azoto ureico nel sangue e migliora il profilo lipidico.
La quercitrina del saraceno ha attività anti-infiammatoria e immunosopressiva. In esperimenti animali in cui si induce insufficienza renale con resezione parziale del rene, il grano saraceno attiva le difese anti-radicali liberi e migliora la funzionalità renale, i fagioli azuki, ricchi di proantocianidine, riducono i livelli plasmatici di creatinina, urea, acido urico, enzimi epatici, glucosio e trigliceridi, e aumentano il colesterolo HDL.
Gli azuki, inoltre, riducono la pressione e l’infiltrazione di cellule infiammatorie nei reni e nel cuore di ratti ipertesi. Per la loro azione antiossidante gli azuki sono stati proposti come additivo per la conservazione dei salumi. Il brodo di azuki, inoltre, protegge dalla colite indotta sperimentalmente nei topi, riduce l’accumulo di trigliceridi nel fegato dei ratti sottoposti a dieta grassa, induce apoptosi nelle cellule di carcinoma gastrico in vitro e in vivo, e inibisce la proliferazione delle cellule di melanoma.
Liberamente tratto da da Medicina da Mangiare
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