La natura ha fornito all’essere umano gli strumenti per poter alimentarsi in maniera piuttosto varia. La sua costituzione onnivora fa si che egli possa mangiare dalla carne ai cereali: siamo dotati sia di denti per strappare la carne (meno comunque rispetto agli animali carnivori che li hanno più sviluppati) a quelli per macinare i semi dei cereali (alla base dell’alimentazione di gran parte dei popoli della terra).
Abbiamo poi degli strumenti che ci permettono di decidere cosa sia meglio mangiare per noi. Uno di questi è il gusto.
Già Brillat Savarin scriveva (1825) il gusto “ci invita a scegliere, tra le varie sostanze che la natura ci presenta, quelle più adatte a servirci da nutrimento”.
Secondo l’antica Medicina Tradizionale Cinese (risalente a più di 5.000 anni fa), ci sono 5 organi principali (Milza-Pancreas, Polmone, Reni, Fegato, Cuore) ai quali corrisponde non solo una valenza fisica, ma anche energetica (psichica, emotiva). Questi organi possono essere bilanciati o meno anche in base a 5 sapori – ciascuno associato ad un organo – (dolce, piccante, salato, acido, amaro), a seconda che questi siano equilibrati in intensità e quantità. La loro assunzione eccessiva potrà determinare uno squilibrio energetico, che si tradurrà anche in uno scompenso emotivo.
In particolare, il sapore dolce è collegato alla Milza, l’energia di Madre Terra, colei che ci nutre. Il nostro nutrimento principale sarebbe il dolce del cereale cotto e ben masticato. Diversamente, se troppo intenso, come quello dello zucchero (o, peggio, del fruttosio) creerà un’alterazione alla funzione di tale organo. Non a caso, nella visione orientale, l’organo Milza è considerato in correlazione con il Pancreas (vengono visti di fatto come un unico organo energetico). E sappiamo che la nostra stabilità emotiva dipende dalla stabilità della glicemia (livello di glucosio nel sangue), i cui sbalzi ci fanno sentire esaltati (iperglicemia) o depressi (ipoglicemia).
A Milza-Pancreas corrisponde il pensiero logico, la riflessione, il proposito (Yi): la nostra capacità di digerire e assimilare. Non solo in chiave fisica, ma anche psichica: analizzare, elaborare, valutare, riorganizzare concetti e idee.
Non è un caso che sia associato il sapore dolce, correlato, come abbiamo visto, alla presenza di carboidrati, alla base del funzionamento delle nostre funzioni cerebrali. Se in squilibrio si avrà un eccesso di preoccupazione, pensieri ricorrenti che potranno sfociare in ossessione. Spesso si accompagnano a squilibri alimentari (anoressia, bulimia, ortoressia, una delle problematiche che si sta diffondendo al giorno di oggi).
E non è un caso che il sapore salato sia associato ai Reni, l’organo dove, secondo la Medicina Tradizionale Cinese è conservata la volontà (Zhi), la spinta esistenziale, la determinazione, che ci fornisce struttura, forza, e ci sostiene nei momenti di stress. Se i nostri Reni sono forti, la nostra forza di volontà sarà forte. Se siamo in equilibrio, il nostro Io sarà ben strutturato, saremo sicuri. Diversamente, saremo pervasi da insicurezza e paure, anche immotivate. Qui ritroviamo la parte più profonda di noi. E il sale, come sappiamo e come la storia ci ha insegnato, è fondamentale per la vita umana. Tant’è vero che una volta era definito “oro bianco”. Veniva usato ad esempio dagli antichi Romani per pagare i mercenari (non a caso, la parola salario deriva proprio da sale); la stessa via Salaria fu costruita per l’approvvigionamento del sale nella Urbe.
Una caratteristica interessante del sale è la sua composizione: non tanto molecolare, quanto elettrica. Questo è alla base della sua capacità di trasformarsi e trasformarci. D’altro canto, anche i nostri pensieri, alla base del nostro essere, non sono altro che frequenze elettromagnetiche, la cui trasmissione ad organi e muscoli (che li trasformano in atto) è legata alla presenza di sale e alla sua capacità di trasferire gli impulsi elettrici.
L’alimentazione odierna ci offre sicuramente più opportunità di squilibri. Oltre alla quantità di cibo, spesso eccessiva, che ingeriamo, consumiamo alimenti estremamente poveri qualitativamente: spesso si tratta di cibo trasformato e processato industrialmente (quindi raffinato), non di stagione e non locale, coltivato con prodotti di sintesi. Questo fa sì che gli alimenti perdano in toto il loro valore energetico, riducendo la capacità di nutrirci nel profondo.
Il principio dell’equilibrio ci suggerisce di utilizzare tutti i sapori, purché bilanciati e senza eccedere. Si propone anche un equilibrio armonico tra il freddo e il caldo, il secco e l’umido in parte simile a quello proposto dalla teoria umorale galenico-ippocratica.
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