Se c’è amore per l’uomo, ci sarà anche amore per la scienza.
Ippocrate di Coo
I primi di gennaio ricevo una mail da Mondadori che mi chiede di recensire un libro. Oltre che lusingata, rimango molto colpita quando mi parla di un libro che racconta di una “guarigione interiore, che diventa guarigione fisica per decine di pazienti. Si può essere medici anche esplorando territori che la medicina ancora fatica ad accettare”.
Si tratta della storia di un medico, di una donna, che negli anni si arricchisce, nutrendo non solo la sua mente ma anche la sua anima. E riesce a legare l’amore per l’essere umano, per quella parte profonda e misteriosa (che a volte chiamiamo psiche), con l’amore per la scienza che, nel momento in cui vede il nostro corpo come una macchina, rischia di perdere l’essenza dello stesso.
Si tratta di MariaGiovanna Luini (nome d’arte di Giovanna Gatti), scrittrice, medico, senologa per anni assistente del Dottor Umberto Veronesi da cui dice dice di “aver ereditato molto di ciò che sono adesso in un percorso spirituale”. E continua “Ciò che mi ha lasciato è la base interiore del Guaritore e non solo la tecnica medica. Ascolto, empatia, ostinazione nel perseguire gli obiettivi, una dose indicibile di coraggio, la carezza che guarisce. Il sorriso nella peggiore delle situazioni”.
Forse esattamente ciò che insegnava Ippocrate, affinché il bisturi di un chirurgo possa andare oltre ciò che è meramente meccanico e arrivare all’anima. Perché le malattie non sono solo nella carne, ma anche nello spirito e nella mente. Perché noi siamo esseri umani e siamo molto di più di un insieme di ingranaggi: c’è qualcosa che lega il tutto. Gli antichi Cinesi lo chiamavano Shen. Noi possiamo definirlo Mente o Spirito. E sappiamo che è la Scintilla della Vita!
Ecco, quasi dimenticavo di citare il Titolo: Il Grande Lucernario. La lezione di Umberto Veronesi per la nuova via per la cura. Perché chiamarlo così? Racconta che una donna, durante una cena, disse a Veronesi: “Lei è proprio un Grande Lucernario, professore”. E lui, ironizzando su chi lo definiva luminare, spesso soleva rispondere “Macché luminare: sono un lucernario”.
Probabilmente il titolo non è casuale. Augurandosi che questo testo possa portare la Luce laddove è il buio.
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