In realtà, per chi fa sport, i nutrienti che non dovrebbero mai mancare sono: ACQUA e CARBOIDRATI.
Le diete low-carb non sono assolutamente indicate.
Se facciamo molta attività fisica, e abbiamo bisogno di molta energia, dobbiamo assumere molti carboidrati. Diversamente, uno scarso tenore glucidico, a favore di quello proteico, fa si che il corpo utilizzi le proteine introdotte con finalità energetiche. Ovvero, il nostro corpo attiva il processo di gluconeogenesi (composti non glucidici vengono convertiti in glucosio) per far fronte alle necessità energetiche e ripristinare la carenza di glucosio ematico (nel frattempo, quindi lo sportivo sarà andato anche in ipoglicemia proprio a causa di carenza di carboidrati).
Ne consegue che non indirizzerà le proteine, o meglio, gli amminoacidi che le compongono, verso la sintesi proteica (quindi non le utilizzerà con funzione plastica, che è di fatto la loro funzione primaria), rischiando dunque di incorrere in perdita di massa magra (quindi perdita di muscoli).
Oltretutto, ciò comporta un eccesso di scorie azotate (le proteine sono i macronutrienti che contengono azoto, a differenza di carboidrati e lipidi che non ne contengono), con un rischio di affaticamento epatico e danni renali a lungo termine.
Se noi assumiamo la corretta quantità di carboidrati (che è almeno 180 gr di glucosio al giorno, derivante principalmente da carboidrati complessi, non industrialmente raffinati), evitiamo di utilizzare i lipidi come fonte energetica e quindi di sintetizzare corpi chetonici, ovvero molecole acide che, se prodotti in eccesso, riducono il pH ematico. Questi corpi chetonici hanno un grosso potere osmotico e, per poter essere espulsi con le urine, hanno bisogno di grandi quantitativi di acqua. Ciò può portare alla disidratazione.
Le conseguenze sono un aggravio per fegato e reni, con il rischio di provocare danni.
Consideriamo che più c’è bisogno di energia, più si consuma il glicogeno muscolare. Per cui, per lo sportivo è fondamentale arrivare alle gare con una buona scorta di glicogeno. E questo si ottiene attraverso un’alimentazione basata su cereali a lento rilascio. Infatti il glicogeno è un polisaccaride costituito da molte molecole di glucosio.
Per esercizi di resistenza ad alta intensità, si consuma fino al 70% di glucosio + glicogeno, 15% di lipidi. E solo 5-6% di proteine.
Per cui, possiamo ben comprendere che, anche durante la gara, non è certo un incremento in termini di apporti proteici che migliorano le performance.
L’incremento proteico potrebbe essere giustificato (senza comunque trascurare un adeguato apporto in termini di carboidrati) in caso di necessità di aumento di massa muscolare, come nel caso del body builder. Senza tuttavia superare la quota giornaliera di 2 g/kg. Apporti superiori non sono solo inutili, ma potenzialmente anche dannosi, a lungo andare, per la funzionalità renale.
Del resto, non è un caso che il medico Galeno suggeriva cereali integrali e legumi per la dieta dei gladiatori.
Vediamo ora un approfondimento tecnico sull’argomento.
Sforzi brevi ma intensi
Nei nostri muscoli abbiamo una riserva energetica rappresentata da fosfocratina: un composto che si forma, quando siamo a riposo, associando la creatina (un aminoacido naturalmente presente nel nostro corpo, sintetizzato a livello epatico da altri aminoacidi come glicina, arginina, metionina) ad una molecola di fosfato. La fosfocreatina viene utilizzata durante le contrazioni rapide ed intense: infatti, le riserve di fosfocreatina si esauriscono molto rapidamente, nel giro di 4-5 secondi.
Quando il corpo necessita in maniera immediata di grandi quantità di energia, la fosfocratina cede il gruppo fosfato per formare ATP, la nostra fonte di energia. Questo meccanismo avviene in modo anaerobico, quindi senza contributo di Ossigeno. E non produce acido lattico.
La quantità di fosfocreatina presente nei muscoli varia in funzione dell’allenamento.
Sforzo intenso, ma più prolungato
Quando l’intensità dell’esercizio è elevata e dura per un tempo maggiore, l’ATP viene prodotta dalla glicolisi (metabolismo del glucosio). Se è molto rapida, avviene in assenza di ossigeno (anaerobica), con produzione di acido lattico. Se l’attività è prolungata, il flusso ematico non riesce a smaltire l’acido lattico che si accumula nei muscoli, generando la sensazione di fatica, oltre ad ostacolare la contrazione muscolare. Ecco che questo processo non può persistere come fonte di energia principale per più di 1-2 minuti. Se l’esercizio si prolunga, subentra il metabolismo aerobico.
Metabolismo Aerobico
Questo è il metabolismo che garantisce, anche a riposo, la produzione di ATP, che viene prodotto dalla glicolisi aerobica (ovvero a partire dal glucosio, in presenza di ossigeno) e dalla ossidazione degli acidi grassi.
In sintesi, ci serve glucosio e acidi grassi. In che proporzione? Dipende dall’intensità e dalla durata dell’esercizio:
- maggiore è l‘intensità dell’esercizio, maggiore è l’utilizzo del glucosio, minore quello dei grassi
- maggiore è la durata dell’esercizio, maggiore è l’utilizzo dei grassi, minore quello del glucosio.
Consideriamo comunque che l’utilizzo dei grassi dipende comunque dalla presenza di glucosio, che deve innescare la glicolisi aerobica (ovvero il processo metabolico che coinvolge il glucosio).
Per cui, in carenza di zuccheri assistiamo ad un calo della potenza del muscolo, quindi un calo di performance. Ciò è tipico di quando il pasto che precede l’allenamento non è equilibrato (tipico degli approcci malsani quali diete iperproteiche o low-carb). Tale situazione, oltre a compromettere la prestazione, può sfociare in una condizione di acidosi dovuta alla formazione di corpi chetonici, tipica delle diete malsane.
Da cui l’importanza di avere una dieta ricca di carboidrati (chiaramente a lento rilascio prima dell’allenamento). Sfatando il mito che per gli sportivi sia necessaria una dieta iperproteica.
Ricordiamo che in un pasto sano ed equilibrato la % di energia derivante dalle proteine dovrebbe essere la più bassa (circa 10-15%) rispetto ai grassi (circa 30%). E ancora di più rispetto ai carboidrati (circa 55-60%).
Abbandoniamo i falsi miti da personal trainer. Basiamo piuttosto la nostra conoscenza sulla scienza.
Riferimenti bibliografici:
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