La dieta chetogenica nasce come supporto ai pazienti neurologici con epilessia. Prima ancora di questo approccio dietetico, a tali pazienti veniva proposto il digiuno, a seguito del quale si poteva riscontrare un deciso miglioramento.

Dati storici riportano che Ippocrate suggeriva la necessità di limitare le calorie nel trattamento dell’epilessia. Fino al momento della svolta, quando si è scoperto che la dieta chetogenica poteva mostrare effetti terapeutici simili al digiuno [1].

Le cellule cerebrali possono funzionare utilizzando i corpi chetonici (nella fattispecie il β-idrossibutirrato) come substrato energetico: contengono infatti dei trasportatori di monocarbossilati (MCT) che permettono di trasportare i corpi chetonici per ottenere energia.

La riduzione calorica associata ad a una dieta chetogenica (dovuta ad un minore apporto di cibo a causa di una riduzione dell’appetito per effetto dei corpi chetonici), oltre ad avere un effetto neuroprotettivo, migliora la funzione mitocondriale, riducendo la produzione di specie reattive dell’ossigeno. Una dieta chetogenica è in grado ripristinare la guaina mielinica dei neuroni e migliorare il metabolismo neuronale. Può anche influenzare i processi di neurogenesi, ovvero la rigenerazione cerebrale, lo sviluppo di nuove cellule nervose e il loro collegamento nelle reti neuronali [2].

La dieta chetogenica dovrebbe mimare una condizione di digiuno nel corpo, senza avere gli effetti negativi dello stesso, ovvero senza incorre in carenze nutrizionali.

Lo stato di chetosi indotto dalla dieta chetogenica si ottiene aumentando la quota energetica di grassi e riducendo al minimo l’apporto di carboidrati. Può essere espressa come quota di macronutrienti nel seguente range [2].

  • grassi 60–90% (solitamente 70–75%) dell’intero apporto energetico della dieta,
  • carboidrati inferiori a 50 g al giorno (solitamente circa il 5-10% dell’intero apporto energetico della dieta). Da 50 g a 150 g al giorno si parla di Low Carb (che non è detto che induca chetosi).
  • proteine ​​da 1,0-1,2 a 1,7 g per kg di peso corporeo. Questo si valuta anche in base alle necessità del paziente.

Ovviamente non è iperproteica (come molti vogliono far credere pur di sponsorizzare la paleolitica), anche perché un eccesso di proteine, oltre ad affaticare fegato e reni, di fatto andrebbe ad indurre una aumentata sintesi di glucosio (attraverso il pathway della gluconeogenesi epatica) con fallimento dello stato di chetosi.

Chiaramente non si tratta di una dieta, laddove dieta vuol dire stile di vita, ma di una terapia nutrizionale che potrà essere suggerita solo da un biologo nutrizionista o da un dietologo. E per un periodo di tempo limitato, per raggiungere gli efffetti terapeutici desiderati.

Assolutamente sconsigliati approcci fai da te oppure suggeriti da venditori di prodotti cheto, spesso con ingredienti poco salutari, quali proteine del frumento (che vuol dire glutine) e sucralosio.

Riferimenti bibliografici

[1] Wheless J. W. (2008). History of the ketogenic diet. Epilepsia, 49 Suppl 8, 3–5. https://doi.org/10.1111/j.1528-1167.2008.01821.x

[2] Dyńka, D., Kowalcze, K., & Paziewska, A. (2022). The Role of Ketogenic Diet in the Treatment of Neurological Diseases. Nutrients, 14(23), 5003. https://doi.org/10.3390/nu14235003


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