A volte siamo talmente presi dalla quotidianità, dalle nostre abitudini che perdiamo il contatto con noi stessi.

Spesso siamo talmente condizionati dagli input esterni, da non riuscire a discernere tra ciò che siamo e ciò che crediamo di essere. Tra ciò che pensiamo e ciò che crediamo di pensare. Tra sostanza e apparenza.

Io credo perché ho bisogno di credere: sono queste credenze che mi danno sicurezza. E se dubitassi? Se demolissi le mie certezze per costruirne di nuove? Probabilmente potrebbe essere un modo per ritrovare me stesso.

Analogamente per ciò che mangiamo ogni giorno. Pensiamo che quello che l’industria ci propone oggi sia il cibo adatto a noi. Valutiamo un prodotto o un altro in base alla pubblicità che ci viene proposta. Non ci rendiamo conto di quanto ci stiamo allontanando dalla natura.

Come fare per ristabilire il contatto con la realtà? Basterebbe tornare alle abitudini dei nonni: quando il pasto era costituito da un piatto di cereali, legumi e verdure; carne poca, solo in occasioni speciali… ovvero le nostre tradizioni mediterranee, quelle autentiche.

Quando la nostra alimentazione era prevalentemente vegetale.
Quando per cereali si intendevano quelli in chicco integrali.
Quando la pasta era di farina non industrialmente raffinata e di grani duri antichi.
Quando il pane era un rito e un momento di aggregazione.
Quando le verdure erano solo di stagione.
Quando il cibo era sacro e non veniva sprecato.
Quando i dolci erano semplici: bastava unire mele cotte con le nostre magnifiche mandorle ad esempio.
Quando il pasto era un rito e un momento di ringraziamento per il cibo che ci offre Madre Natura. Questo cibo che ci aiuta ad essere liberi e vivere senza pregiudizi; la cui preparazione non è fondata su regole (si può questo o quello?), ma su amore e gratitudine, sul rispetto per la vita.

Un cibo come il riso integrale, ad esempio, che ci aiuta nel processo introspettivo tipico del movimento energetico a cui è collegato (il Metallo, in Medicina Tradizionale Cinese).

In questa società che ci spinge ad usare in maniera eccessiva il nostro pensiero fino a diventare scettici e diffidenti, oppure a focalizzarci eccessivamente, a tal punto da degenerare in una forma di ossessione (talvolta accompagnata da ipercriticità, polemica), possiamo imparare ad allentare la nostra mente.
Aiutandoci con il cibo che aiuta la nostra Terra (legumi come ceci e cereali come miglio, oppure verdure dolci come zucca e cipolla) e che ci nutre nel profondo.

La felicità è una scelta. Pensiamo allora: “Sono Felice“.

Ripetiamolo fintanto che sulle nostre labbra non si disegna un sorriso.
Se non accade, se ci facciamo prendere dai pensieri (che si interpongono tra noi e la felicità), è segno che c’è bisogno di lavorare sui nostri condizionamenti. Aiutiamoci con le foglie verdi: ci donano flessibilità (il movimento Legno in Medicina Tradizionale Cinese) e ci elevano il giudizio.

Focalizziamo la nostra attenzione su pensieri positivi e rinforziamo la nostra volontà per realizzarli (aiutiamoci con i semi e le alghe per rafforzare i Reni).

Il nostro cibo è un mezzo.
Il fine siamo noi: ritrovare il nostro spirito.

Accendiamo la luce del Cuore affinché illumini il nostro cammino.
Ritrovate questo mio articolo nel libro Medicina da Mangiare.

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