La celiachia, risposta immunitaria dell’organismo, è un disturbo dell’alimentazione, in rapida crescita: la sua incidenza negli ultimi 50 anni è aumentata drasticamente. Ciò è da attribuire ad un miglioramento dei metodi di diagnosi oppure ad un cambiamento (avvenuto appunto negli ultimi 50 anni!) del nostro stile di vita e alimentare?
Come è cambiata la nostra alimentazione? Diversamente da ciò che avveniva 50 anni fa, oggi la nostra alimentazione si basa su cibi iper-processati, raffinati industrialmente. Non mangiamo più “i frutti della terra“, ma le trasformazioni di laboratorio, ovvero ciò che ci viene proposto dall’industria alimentare, illudendoci che sia naturale (si veda l’esempio classico dei cosiddetti aromi “naturali”, che di naturale non hanno nulla!).
La crescita del consumo di zucchero nell’ultimo secolo è pressoché raddoppiato. Il pane è prevalentemente quello bianco, fatto con farine ultra-raffinate (la farina 00, o, peggio, la Manitoba), spesso “rinforzate”, addizionate di glutine, ma anche di zucchero (ingrediente che troviamo, spesso sotto mentite spoglie, in gran parte dei prodotti industriali).
Se acquistiamo prodotti confezionati e proviamo a leggere gli ingredienti (cosa che dovremmo fare sempre più, fino a divenire una prassi!), ci rendiamo conto che spesso hanno nomi incomprensibili: questo dovrebbe insinuarci il sospetto di quanto poco ci sia di naturale in quello che mangiamo.
Tutto questo cibo “finto” ha contribuito, negli anni, a toglierci nutrimento, a indebolirci. Inoltre, le modifiche apportate dall’uomo in agricoltura, hanno peggiorato la situazione. In particolare, per quanto riguarda i grani, il livello di glutine presente nelle nostre farine è stato modificato.
Suddette modifiche hanno originato un glutine molto concentrato e molto resistente, che arriva indigerito fino al colon, diventando tossico.
Secondo il professor Stefano Benedettelli, dell’Università di Firenze, adottare varietà antiche di grani significa riequilibrare una nutrizione umana ormai subissata da processi industriali nella maggior parte degli alimenti ingeriti.
Queste varietà antiche, tra l’altro, hanno un contenuto decisamente meno concentrato di glutine.
E il pane? Possiamo prepararlo come vuole la tradizione…valorizzando i nostri grani antichi, ovvero quei grani che non hanno subito interventi di selezione da parte dell’uomo (per l’industria) e che sono rimasti “originali”: così come madre natura li ha creati.
Da tempo si ipotizza una correlazione tra le modificazioni genetiche (finalizzate esclusivamente a esigenze di produttività) a cui sono stati sottoposti i grani moderni (come, ad esempio, il grano duro Creso, mutante del Cappelli, ottenuto nel 1974 sottoponendo quest’ultimo a bombardamento con raggi gamma, uno dei grani maggiormente utilizzati nelle coltivazioni italiane; o varietà mutanti del grano tenero, irradiate con i raggi gamma) e l’aumento delle tante difficoltà digestive dovute al consumo di frumento, e della celiachia (la cui incidenza è cresciuta notevolmente negli ultimi anni). E’ di tale avviso il professor Luciano Pecchiai, già Primario Patologo Emerito dell’Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi” di Milano, esperto di Alimentazione.
«E’ ben noto che il frumento del passato era ad alto fusto – spiega Pecchiai – cosicché facilmente allettava, cioè si piegava verso terra all’azione del vento e della pioggia. Per ovviare a questo inconveniente, in questi ultimi decenni il frumento è stato quindi per così dire “nanizzato” attraverso una modificazione genetica».
Pare che la modifica genetica del frumento sia correlata a una modificazione del glutine, in particolare della gliadina, una sua frazione, e ciò abbia reso il glutine meno riconoscibile per l’organismo. La celiachia è causata da una reazione alla gliadina. E l’incidenza della celiachia è aumentata in maniera esponenziale negli ultimi anni.
E’ possibile consultare le varietà mutanti su http://mvgs.iaea.org/Search.aspx, il data base FAO/IAEA.
Secondo il Dott. Pier Luigi Rossi, medico specialista in scienza dell’alimentazione «Un eccesso di glutine, ripetuto nel tempo, provoca una aggressione ai villi intestinali, che sono le porte attraverso le quali le molecole nutrienti introdotte con la alimentazione entrano o non entrano nel nostro sangue. Il glutine altera in profondità i villi e i microvilli, gli enterociti della mucosa dell’intestino tenue (che nel morbo celiaco sono atrofizzati). Con il tempo e con dosi elevate giornaliere di glutine una persona può sviluppare la celiachia con anticorpi positivi al morbo celiaco oppure può andare incontro alla sindrome Gluten Sensitivity, con gli stessi sintomi della celiachia senza gli anticorpi specifici positivi».
Anche la canadese Manitoba è ricca di glutine. «La Farina Manitoba viene utilizzata anche come base per la preparazione del Seitan, alimento che viene anche definito come “Carne Vegan”. Consiglio alle persone che consumano seitan di riflettere su questa loro scelta alimentare. Il seitan è un concentrato di glutine. La pizza e molti pani “speciali” sono concentrati di glutine», continua Rossi.
Il glutine (il cui nome deriva dalla parola latina “gluten” colla) è un collante, utile in panificazione per favorire la lievitazione. Potrebbe, però, disturbare la funzionalità del nostro organismo, in particolare quello dei grani moderni o delle farine raffinate.
Acquistando farine di grani antichi direttamente dai nostri produttori: si può risparmiare e assicurarsi maggiore qualità. Oltretutto, nel caso delle farine, possiamo sapere quando queste sono state macinate (subito prima dell’acquisto); diversamente da quelle acquistate sui banchi del supermercato.
E chi avesse la possibilità di avere un piccolo mulino (casalingo), potrà acquistare direttamente i grani e macinarli, avendo così la possibilità di avere sempre farine (integrali o semi-integrali qualora si utilizzi un setaccio) fresche.
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