Un tempo (oppure tuttora?), ai diabetici veniva suggerito di sostituire lo zucchero con il fruttosio (polverina bianca di fruttosio libero). Questo nell’errata convinzione che fosse meglio per via del più basso indice glicemico.
Peccato però che il fruttosio viene metabolizzato a livello epatico e trasformato in trigliceridi. Che poi si andranno ad accumulare in modo ectopico (anomalo) nel fegato. Favorendo quindi steatosi epatica non alcolica e resistenza insulinica (da qui al diabete t2 il passo può essere breve).
Resistenza insulinica vuol dire livelli alti non solo di glicemia ma anche di insulinemia. Ricordiamo che l’insulina stimola la sintesi di colesterolo. Per cui, i suoi alti livelli favoriscono iper colesterolemia.
L’insulina inoltre è un fattore di crescita. Quindi ciò vuol dire aumentato rischio di tumore.
Inoltre, il fruttosio è anche più dolce del saccarosio. Un sapore dolce favorisce l’assorbimento degli zuccheri Sono coinvolti i recettori del gusto dolce (T1R2 / T1R3) presenti lungo il nostro tratto digerente. E’ stato osservato che l’azione di tali recettori in soggetti con diabete di tipo 2 è correlata negativamente con i livelli di glucosio plasmatico. Il che vuol dire, in altri termini, che sostituendo zucchero con sostituti più dolci (peggio i dolcificanti artificiali) si favorirà l’assorbimento dei carboidrati presenti nel pasto, proprio grazie a questi recettori. Approfondimenti nel mio libro “Questa non me la mangio“.
Quindi attenzione!
Attenzione anche a fette biscottate e marmellata, da cui osservo l’aumento di LDL (colesterolo cattivo).
Ricordando che la “terapia” nutrizionale per il diabete sono i cibi con fibra: verdure, cereali integrali in Chicco e legumi.
Quindi cibi che contengono fibra, in particolare solubile, che ci consente di nutrire i batteri buoni dell’intestino, con effetto antinfiammatorio.
Un microbiota in equilibrio vuol dire anche favorire il rilascio di incretine (quelle di sintesi oltretutto vengono utilizzate per il trattamento farmacologico del diabete t2).
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