Sappiamo che le raccomandazioni del WCRF suggeriscono di basare la nostra alimentazione prevalentemente su cereali integrali (sappiamo che meglio in chicco), legumi, verdure (non le patate) e frutta (poca).

A volte c’è un po’ di confusione sulla dicitura “non le patate”. Il senso della frase non è “le patate sono da eliminare”… oltretutto basare la nostra alimentazione PREVALENTEMENTE su cibo vegetale non vuol dire ESCLUSIVAMENTE vegetale.

Il senso della frase è che le PATATE NON SONO VERDURE. E che si possono consumare al posto dei cereali. Facendo attenzione al metodo di cottura, preferendole bollite.

Le patate hanno un alto indice glicemico.
Sappiamo però che ciò che si valuta di un alimento è soprattuto il CARICO GLICEMICO… L’indice glicemico nn è sufficiente Ne abbiamo parlato più volte.

👉 L’indice glicemico è la velocità con cui sale la glicemia. Il carico glicemico si riferisce all’efffettivo impatto sulla glicemia.
👉 Il carico glicemico dipende dall’indice glicemico e dalla quantità di carboidrati presenti nell’alimento.

DA COSA DIPENDE L’INDICE GLICEMICO?
L’indice glicemico di un alimento che contiene carboidrati dipende dal tipo di amidi in esso presente. Nelle patate, come nel riso c’è una maggiore quantità di amilopectine (che sono più facilmente digeribili). Ma non tutti gli amidi delle patate sono amilopectine. 80% amilopetcine e 20% amilosio.

Premesso che tutti gli amidi vengono scomposti in glucosio e quindi assorbiti. Poi la loro velocità di assorbimento (indice glicemico) dipenderà dalla presenza di fibre, grassi, proteine. Interessante unire le patate al pesce condendo con olio extravegine di oliva.

Gelatinizzazione e retrogradazione degli amidi

Va valutato il concetto gelatinizzazione (che rende l’amido digeribile) e di retrogradazione degli amidi. Con la retrogradazione degli amidi, si forma amido reistente che riduce l’indice glicemico (in quanto fibra solubile) e riduce il carico glicemico, sia per la riduzione dell’indice glicemico sia per la riduzione della quantità di carboidrati visto che una parte non verrà digerita e assorbita essenndosi trasformata in fibra.

Quindi, una volta bollite si possono far raffreddare, riporre in frigo e si consumano il giorno dopo, senza riscaldarle. Ad esempio in una insalata di pesce.

In questo modo si ha la retrogradazione degli amidi, che diventano meno attaccabili dai nostri enzimi digestivi. Anche perché una piccola parte di amidi si trasforma in amido resistente, ovvero resistente alla digestione. Non viene quindi digerito e assorbito: questo vuol dire che si riduce il carico glicemico.

Carico glicemico patate bollite

👉 L’indice glicemico delle patate bollite è pari a 65
👉 La quantità di carboidrati è 15,90 g su 100 g

Quindi, in questo caso, su 100 g di prodotto, il carico glicemico è dato da 65 x 15,90 / 100 = 10,335

Un carico glicemico è basso se inferiore a 10. Quindi in questo caso siamo appena sopra.

Va detto che il carico glicemico è calcolato su 100 g. Quindi, se si mangia meno di 100 gr il carico glicemico si riduce.

Se inoltre le patate saranno state raffreddate e una parte di amido retrogradati, indice e carico glicemico saranno inferiori. Come visto.

Le patate fritte hanno un alto indice glicemico e un maggior rischio di acrilammide… ovviamente anche quelle al forno potrebbero avere questo rischio… specie se, come è moda oggi, si usa l’infernale friggitrice ad aria che non è una friggitrice ma un forno ventilato che aumenta il rischio di acrilammide.


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