Conoscete il kuzu?
Si tratta della radice della Pueraria lobata, una pianta selvatica rampicante appartenente alla famiglia delle leguminose, originaria del Giappone, con una qualità Yang molto interessante: ha la proprietà di portare in profondità l’effetto dell’ingrediente a cui è abbinato.
Ha proprietà lenitive e antinfiammatorie nei confronti della mucosa: queste sono dovute alla presenza al suo interno di isoflavoni, appartenenti alla categoria dei fitoestrogeni (i fitoestrogeni sono sostanze di origine vegetale, simili agli estrogeni prodotti dall’organismo).
La genisteina, il principale isoflavone contenuto anche nella soia, si è dimostrata efficace nell’inibire la crescita delle cellule tumorali attraverso la modulazione dei geni correlati al controllo omeostatico del ciclo cellulare e dell’apoptosi.
Dunque, come nel caso della soia, non è un problema assumerlo per le donne con carcinoma mammario. Anzi, è verosimilmente protettivo.
Studi dimostrano che l’estratto di radice di kuzu, e il suo principale isoflavone (puerarina), migliorano il metabolismo del glucosio.
E’ utile in caso di raffreddori, febbre, problemi digestivi, problemi intestinali cronici. Utile anche in caso di diarrea: il kuzu ha la proprietà di irrobustire le pareti dell’intestino.
Indicato anche nel trattamento di malattie cardiovascolari e cerebrovascolari, diabete e complicanze diabetiche, osteonecrosi, morbo di Parkinson.
Come si prepara
Si prepara sciogliendolo (ad esempio 1 cucchiaino) prima in acqua fredda (è importante la bassa temperatura dell’acqua per evitare che si formino grumi), poi riscaldandolo per qualche minuto, mescolando.
Si può unire anche alla preparazione di creme di cereali e di frutta. Oppure come addensante.
Ritrovate questo articolo nel libro Medicina da Mangiare.
Falsi miti sui fitoestrogeni
Come per la soia, non ci sono evidenze scientifiche di una correlazione con l’aumento di rischio di tumore mammario o uterino. E’ invece dimostrato il contrario.
Per quanto riguarda la correlazione con la tiroide, il kuzu, come la soia, è ricco di fitoestrogeni. Ma, poiché se ne assume in piccole quantità (ed all’occorrenza), non ci dovrebbero rischi derivante da un eccesso di fitoestrogeni.
Le segnalazioni sul possibile effetto gozzigeno sarebbero di fatto prive di fondamento. Pertanto, come per la soia, il consumo di Isoflavoni potrebbe essere correlato a problemi tiroidei solo in presenza di altri fattori: primo tra tutti una carenza di iodio nella dieta.
Interazioni con i farmaci
Come per la soia, ci sono interazioni con i seguenti farmaci
- Taxol (farmaco utilizzato nella chemioterapia del cancro, in grado di inibire la mitosi )
- Tamoxifene (farmaco utilizzato nel trattamento di alcune forme di tumore al seno, estrogeno dipendente). L’azione di questo farmaco è quella di modulare selettivamente i recettore degli estrogeni. I fitoestrogeni possono competere con questo farmaco.
- Eutirox (farmaco per la tiroide): qualora si assumano farmaci per l’ipotiroidismo, l’accortezza è di assumerelo lontano dall’assunzione dei farmaci, in quanto potrebbe diminuire l’assorbimento intestinale di levotiroxina.
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