La questione non è cosa “mangia” la cellula. Ma analizzare come la cellula tumorale utilizza i nutrienti e come un eccesso di alcuni di questi possano attivare determinati pathway (percorsi) metabolici.
Una cellula tumorale si moltiplica in modo incontrollato a causa di mutazioni a carico del proprio DNA (mutazioni che possono derivare ad esempio da stress ossidativo).
Per sostenere la sua attività, una cellula (sana o meno) ha bisogno di basi azotate (per la sintesi del DNA), aminoacidi (per la sintesi di proteine) e acidi grassi (per il doppio strato fosfolipidico della sua membrana cellulare).
Una cellula ha bisogno di energia (ATP) che può produrre a partire dal glucosio. La differenza fondamentale è che le cellule tumorali metabolizzano il glucosio in maniera differente rispetto a quelle normali. Nelle cellule tumorali, infatti, si verifica una riprogrammazione del metabolismo glucidico, utilizzando la sola glicolisi (anaerobica) per produrre energia. Questo è noto come effetto Warburg (Warburg 1956).
Le cellule tumorali, in assenza di ossigeno (ipossia), possono sfruttare dunque solo il pathway della glicolisi, con una produzione di energia poco efficace (2 molecole di ATP contro le 38 della respirazione cellulare, che avviene invece in presenza di ossigeno). Questo le porta a nutrirsi di grandi quantità di glucosio per sopravvivere.
Cosa vuol dire? Il senso non è che se mangiamo 1 g di zucchero, questo va a nutrire le cellule tumorali. Semplicemente, se abbiamo alti livelli di glucosio nel sangue possiamo fornire il substrato alla produzione di energia per tali cellule. Ecco perché è opportuno mantenere la glicemia nei range ottimali senza, però, andare in ipoglicemia.
Il glucosio è la molecola preferenziale per la produzione di energia anche per le cellule sane, in particolare per i neuroni. Per questo motivo, se siamo in ipoglicemia, diventiamo nervosi e “non ci vediamo più dalla fame”. In questa condizione a salvarci è proprio il pathway della gluconeogenesi, ovvero la sintesi epatica di glucosio a partire da composti non saccaridici (quali ad esempio, gli aminoacidi glucogenici).
È importante mantenere la nostra glicemia dinamicamente stabile, facendo in modo che, a digiuno, non superi 100 mg/dl (che di fatto è il limite, superato il quale, può aumentare il rischio di sindrome metabolica). Bene anche fare attenzione ai picchi glicemici postprandiali: quindi attenzione a pasti ad alto carico glicemico.
Per quanto riguarda gli aminoacidi e gli acidi grassi, ricordiamo che ci sono aminoacidi e acidi grassi essenziali, ovvero che noi non possiamo sintetizzare in modo autonomo e che dobbiamo assumere necessariamente dal nostro cibo. In particolare, abbiamo gli acidi grassi della serie omega-3 (molto spesso in squilibrio rispetto agli omega-6, anche questi essenziali) che hanno azione antinfiammatoria.
È bene anche non esagerare con le proteine, in particolare con quelle di origine animale che forniscono un maggior apporto di aminoacidi a catena ramificata, BCAA (aminoacidi essenziali quali leucina, isoleucina e valina). Elevati livelli circolanti di aminoacidi ramificati sono associati a insulino-resistenza e a un aumentato rischio di diabete di tipo 2 [82]. Questi aminoacidi possono aumentare i livelli di insulina che attiva il pathway di mTOR.
Ed è bene fare attenzione alle integrazioni di cui, spesso, si abusa in palestra. Infatti, la supplementazione di aminoacidi a catena ramificata, in particolare leucina, attiva mTOR e aumenta la proliferazione cellulare [83].
Il pathway mTOR è implicato in molti processi associati all’invecchiamento, tra cui la senescenza cellulare e le risposte immunitarie. È coinvolto nella crescita e proliferazione cellulare e può essere associato alle patologie correlate all’età [84].
Seguire una dieta iperproteica, inoltre, può essere rischioso anche per il cuore. Troppe proteine rappresentano un fattore di rischio cardiovascolare a causa dell’attivazione di mTOR (sempre lui!), che favorisce la formazione della placca ateromatosa a livello delle arterie [85].
Tratto dal mio libro “Questa non me la mangio“, dove trovate i riferimenti bibliografici.
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