Se facciamo un confronto, in termini di contenuto di ferro, tra una porzione di fagioli secchi (50 g) e una porzione da 100 g di carne bovina, vediamo che i fagioli vincono per 3,4 mg contro 1,9 mg.

Tuttavia, va considerata la biodisponibilità di questo minerale, ovvero la percentuale effettiva che il nostro organismo riesce ad assorbire e utilizzare, il che dipende da vari fattori:
👉 legati all’individuo, in particolare allo stato di salute della microflora intestinale (un intestino in disbiosi, ovvero in squilibrio, farà fatica ad assorbire)
👉 legati all’alimento stesso, come il tipo di ferro (eme o non eme), la presenza di fattori antinutrizionali e il tipo di cottura.

Per quanto riguarda la salute dell’intestino, in presenza di disbiosi sarebbe bene seguire una dieta antinfiammatoria, considerando che i cibi che possono favorire l’infiammazione sono principalmente carne rossa e quelli che fanno aumentare la glicemia (come i cibi industrialmente raffinati e ricchi di zuccheri liberi, piuttosto diffusi nella dieta odierna).

Consideriamo che un maggiore consumo di carne rossa è associato non solo a un aumentato rischio di tumore al colon retto (come da evidenze del WCRF), ma anche di diabete di tipo 2.

Per quanto riguarda i fattori legati all’alimento stesso, entra in gioco il ferro eme contro quello non eme (presente negli alimenti sotto forma di ferro trivalente).

Il ferro eme è quello legato all’emoglobina: è contenuto negli alimenti di origine animale ed è sempre assimilato, anche quando l’organismo ne ha già a sufficienza.

Il ferro non eme (nei cibi di origine vegetale troviamo questo), invece, è assimilato di meno. Ciò da una parte può essere positivo: fa sì che sia difficile incorrere in un eccesso. D’altro canto, tale caratteristica chimica rende questo tipo di ferro poco biodisponibile. Infatti, il ferro trivalente (ossidato), per essere assorbito, deve prima essere ridotto nella forma bivalente. E per far ciò interviene la vitamina C, un agente riducente, in grado di donare un elettrone al ferro trivalente e trasformarlo nella forma ridotta, bivalente.

Quindi, per rendere assorbibile il ferro non eme (presente nei cibi di origine vegetale ma anche in quelli di origine animale), possiamo associare al pasto un cibo in cui sia presente vitamina C che ne incrementa il potenziale di assorbimento.

Ecco perché è utile la frutta durante o dopo i pasti, oppure del succo di limone. Ma anche i cavoli contengono questa vitamina (che è piuttosto termolabile).

Tratto dal mio libro “Questa non me la mangio


TI VA DI AIUTARMI A SOSTENERE QUESTO SITO?
Se acquisti ingredienti o libri o altro sul sito Macrolibrarsi, puoi inserie il codice partner 5496 (fase 4 del carrello), ricambiando la condivisione delle informazioni divulgate sul sito. In questo modo, puoi aiutarmi a sostenere le spese del blog.
GRAZIE!


HAI BISOGNO DI UNA CONSULENZA NUTRIZIONALE PERSONALIZZATA?
Puoi richiederla a questo link .