Eh ma ci sono gli studi scientifici… Quante volte avrete sentito questa frase?

Peccato che tra gli studi scientifici ci sono anche quelli hanno poca evidenza scientifica. Ecco perché è importante conoscere la PIRAMIDE DI EVIDENZA.

Nella piramide possiamo vedere due tipi di studi:

  • Gli studi osservazionali
  • Gli studi sperimentali.

Qual è la differenza?

Nei primi, il ricercatore non inteviene, non assegna il soggetto ad una esposizione oppure ad un gruppo (casi o controllo).

Ma semplicemete osserva, ad esempio, gli effetti di una esposizone.

Tra gli STUDI SPERIMENTALI abbiamo gli RCT (ovvero gli studi sperimentali randomizzati e controllati) in cui il ricercatore assegna, in modo casuale, un soggetto al gruppo (braccio) di trattamento (ad esempio un nuovo farmaco) oppure di controllo (quello in cui riceverà il placebo oppure il farmaco fino a quel momento utilizzato, lo standard of care). Questi vediamo che sono abbastanza in alto nella piramide di evidenza.

Ma possono presentare un errore (che chiamiamo bias) che è quello di pubblicazione. Ovvero, poiché questi studi sono sponsorizzati (spesso) dall’industria farmaceutica, ci potrebbe la propensione a pubblicare quelli che forniscono un risultato positivo (sulla sperimentazione di un nuovo farmaco). Ed a pubblicare meno (oppure su riviste con minore impact factor) se i risultati non sono molto in linea con le proprie asptettative.

Andando più in alto nella piramide di evidenza, abbiamo Revisioni sistematiche e Meta analisi.

Questi sono studi secondari che selezionano (secondo criteri ben definiti a priori) gli studi clinici, valutano se siamo in presenza di pubblication bias e, nel caso della meta analisi fanno anche una analisi statistica dei risultati, andando a verificare se vi sia eterogeneità tra gli studi analizzati. Se analizziamo più studi che forniscono risultati contrastanti, potremmo ipotizzare che ci sia qualcosa che non va.

Tra gli STUDI OSSERVAZIONALI, invece, i più potenti sono gli STUDI DI COORTE in cui si segue per lunghi periodi gruppi di soggetti sani di cui, tra questi, abbiamo soggetti esposti ad un fattore di rischio e soggetti non espsoti. E vediamo cosa accade, ovvero se l’esposizione produce degli effetti.

In questi studi potremo misurare il nesso temporale: causa effetto. Infatti, partiamo da soggetti sani.

Se gli esposti presentano un effetto, possiamo valutare una associazione tra esposizione e malattia. E possiamo calcolare quale sia il rischio della malattia (a seguito dell’esposizione), andando a confrontare i nuovi casi di malattia (nuovi perché quando siamo partiti i soggetti erano sani) negli esposti rispetto ai nuovi casi di malattia nei non esposti.

E’ chiaro che se questo rapporto è pari ad 1, vuol dire che l’esposizione non aumenta il rischio di malattia.

Gli studi non offrono comunque una certezza, ma solo una probabilità di non sbagliare.

Assumo che sia statisticamente significativo uno studio che mi offra una probabilità di commettere un errore non superiore ad una certa soglia (che viene stabilita a priori ed in genere è del 5%).

Facciamo attenzione quando troviamo il termine REVISIONE. Se non è una revisione sistematica, questa è NARRATIVA, ovvero si trova a livello degli editoriali, in basso nella piramide di evidenza.


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