Sempre più spesso si leggono articoli che demonizzano il glutine, suggerendo di eliminarlo dalla nostra alimentazione. Ma è realmente così? Sarebbe effettivamente corretto eliminarlo?
Il problema della permeabilità intestinale
Troviamo studi in cui il glutine è uno dei principali imputati della problematica di permeabilità intestinale (Leaky Gut). Nell’articolo dedicato alla celiachia, ho riportato una citazione del Dottor Pier Luigi Rossi, medico specialista in scienza dell’alimentazione.
«Un eccesso di glutine, ripetuto nel tempo, provoca una aggressione ai villi intestinali, che sono le porte attraverso le quali le molecole nutrienti introdotte con la alimentazione entrano o non entrano nel nostro sangue. Altera in profondità i villi, i microvilli e gli enterociti della mucosa dell’intestino tenue (che nel morbo celiaco sono atrofizzati). Con il tempo e con dosi giornaliere di glutine una persona può sviluppare la celiachia con anticorpi positivi al morbo celiaco oppure può andare incontro alla sindrome Gluten Sensitivity, con gli stessi sintomi della celiachia senza gli anticorpi specifici positivi».
Grani Antichi e Grani Moderni
Nel 1974 è stato ottenuto il grano Creso mediante ibridazione con il mutante CP B144 del grano senatore Cappelli, ottenuto sottoponendo lo stesso Cappelli ad irradiazione di raggi x. Il grano utilizzato oggi (definito grano moderno) discende da questi grani modificati. Questi grani moderni presentano una modificazione del glutine, in particolare di una sua frazione, la gliadina, che ha effetti tossici sulla barriera intestinale, e potrebbe creare danni al rivestimento dell’intestino. La situazione poi è peggiorata con la raffinazione e l’aumento del consumo di zucchero, che hanno contribuito ad indebolire il nostro sistema immunitario.
A differenza dei grani moderni, il glutine presente nella varietà antiche (quelle non modificate: quindi come erano in origine) contiene meno epitopi tossici (Van den Broeck et al., 2010) ovvero una parte di antigene che attiva la risposta immunitaria da parte dei linfociti. Vi sono ricerche che dimostrano che l’utilizzo di grani antichi può essere utile anche in caso di colon irritabile (studi condotti anche dal Professor Stefano Benedettelli, dell’Università degli Studi di Firenze, e da altri ricercatori).
“Più studi hanno dimostrato che, rispetto alle varietà moderne, i grani antichi hanno effetti benefici sulla colesterolemia, sullo stato infiammatorio, sui danni ossidativi alle membrane cellulari, sulla funzionalità intestinale (Leoncini E et al. 2012 PLoS One 7:e45997; Sofi F 2013 Eur J Clin Nutr 67:190). Questi effetti dipendono anche dalla maggiore varietà di polifenoli nei grani antichi (Dinelli G 2011 J Chromatogr 1218:7670)” ci riporta Franco Berrino.
Dunque il problema non è tanto il glutine, quanto il tipo di glutine. Del resto, i nostri antenati hanno sempre mangiato grano, senza particolari problemi. I cereali con glutine sono correlati al Fegato, che in Medicina Tradizionale Cinese è in relazione con i muscoli. Non a caso, il glutine era alla base dell’alimentazione dei gladiatori, noti per la loro forza e prestanza fisica. Eliminare il glutine dalla nostra alimentazione (quando non vi sono necessità che lo richiedono) potrebbero creare un certo squilibrio, dal punto di vista energetico, su questo organo.
Per la nostra salute… non seguiamo le mode
Oltretutto, questa del gluten free sta diventando quasi una moda, probabilmente funzionale agli interessi delle aziende che spingono verso prodotti industriali spesso di pessima qualità, con ingredienti ad alto indice glicemico e grassi poco sani (idrogenati o saturi). Prodotti che possono avere effetti nocivi sulla salute.
Ecco che non è corretto demonizzare il glutine e il grano. Tutto dipende dal tipo di glutine… dal tipo di grano.
Privilegiamo i grani antichi. Così facendo, inoltre, aiuteremo i piccoli produttori che li hanno riscoperti e valorizzati, favorendo l’economia locale e tutelando la biodiversità.
Ritrovate questo mio articolo nel libro Medicina da Mangiare.
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